Davanti al successo mondiale del Nome della rosa... rivelò che tutto era nato da
un'idea seminale, perché gli era venuta la strana voglia di avvelenare
un monaco. Poi spiegò che scriveva con la pianta dell'abbazia sotto gli occhi,
dando ai dialoghi il tempo necessario dei passi per andare dal
refettorio al chiostro, perché occorre crearsi delle costrizioni per
poter inventare liberamente. E infine disse l'ultima
verità, intima come una confessione: volevo che il lettore si
divertisse... la scommessa di non cedere alla banalizzazione del sapere ma nello
stesso tempo la capacità di costruirsi lettori, accendendo una passione,
portandosela dietro fino a scoprire l'eresia estrema, una risata come
movente di un delitto.
...E dietro i libri, borgesianamente e naturalmente, la biblioteca. Cinquantamila libri "moderni", milleduecento volumi antichi di cui lo
scrittore parlava con la passione di una scoperta continua. Senza un
catalogo, mossi continuamente dalle emergenze del conoscere, dalla
curiosità di un lavoro, dalla memoria che cerca conferma, sapendo che
una biblioteca raccoglie i libri che possiamo leggere, e non solo che
abbiamo letto, perché è la garanzia di un sapere.
Ezio Maro, Lo studioso che voleva divertire